NORMOTECH

06/01/2017

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VIAGGIO IN TERZA CLASSE

A TRAVEL IN THIRD CLASS

Racconto di

 Bernabè Giovanni Stefano

Story of

Bernabè Giovanni Stefano

12/03/2010

 

Il carro trainato dal cavallo era il mezzo pubblico più celere per andare nel Capoluogo.
Sapevo che quella era la sua funzione poiché da sempre avevo visto passare sullo stradone polveroso il carro con le sponde, con gente seduta sulle sediole basse disposte a coppie su quattro o cinque file, ma non avevo mai avuto occasione di utilizzare quel servizio. Mai avrei immaginato di dover andare in città con quel mezzo: a fare che, poi!? … nel paese si trovava a sufficienza ciò di cui abbisognavano i paesani. In seguito però l'occasione capitò.


Venni informato che il mezzo sarebbe partito dalla piazzetta della barberia, e con tanto di orario di partenza, mentre quello di arrivo nessuno poteva davvero immaginarlo di preciso, anche se pomposamente venivano dichiarati.


Andata: partenza alle otto in punto, e arrivo alle dodici in punto;
Ritorno: partenza alle quindici e arrivo alle diciotto e un quarto.


Alle otto meno dieci mi trovavo al luogo di partenza. Mi chiesi: chissà perché quattro ore per andare e tre ore e un quarto per tornare ...!? mah!


Il carraio stava facendo pagare la corsa, e con mio grande stupore capii che i sedili erano disposti per categoria: Prima, Seconda e addirittura Terza Classe.
Sorrisi: seduti su sedie impagliate tutte uguali, davanti o dietro cosa cambiava? Con un veloce ragionamento decisi che essendo quella la corsa, quello il carro, quelle le sediole e quella la destinazione: prima, seconda o terza classe si arrivava in Città tutti assieme; poco importava se seduti nella prima, seconda, terza, quarta o ultima fila. Tanto valeva acquistare il biglietto di terza classe che costava meno.

 

Dopo mezz'ora mi ero ormai rassegnato alla scomodità di quel “viaggiare”; ero seduto nell'ultima fila, i posti erano tutti occupati e i più anziani avevano scelto di viaggiare in Prima classe: forse si sentivano più a loro agio a stare davanti. Vedevo però che per gli scossoni causati dal fondo stradale, traballavano quanto noi.
Dopo un'altra mezz'oretta il cavallo attaccò una salita, ma senza alcuna voglia apparente di percorrerla. Il carrettiere infatti, dopo un paio di incitamenti senza convinzione e senza speranza, intimò: “Giù la Terza Classe!”.


I miei compagni di Classe si accinsero a saltare giù dal carro, ed io che sapevo di appartenere alla stessa Terza Classe, anche se un po' stupito, li imitai.
Il carro alleggerito del nostro peso, riprese l'andatura contrattuale, e così andammo per quindici o venti minuti, e spesso fummo costretti persino a spingere.


Poi risalimmo sul carro, un poco affaticati, ma per una buona mezz'ora avemmo modo di riposarci. Presto però una nuova salita che ci si presentò mi parve più dura della precedente. Non feci a tempo a constatarlo che il cavallo si piantò e il carrettiere con fare sornione si voltò verso di noi e vide di sicuro dei volti sgomenti nelle ultime file, ma impassibile disse: “Seconda e Terza Classe a terra!”.
Avrei voluto piangere, ma guardando in viso i miei compagni, mi venne da ridere. C'era poco da ridere però: mi accinsi comunque a spingere, e per una buona mezz'ora.

 Per altre due o tre volte al carrettiere capitò di ripetere i “terza classe a terra!” o “seconda e terza classe a terra!” e i “tutti su!”.


E finalmente si giunse al Capoluogo.

 

“Mi raccomando tutti qua alle tre precise!” raccomandò il carrettiere. Mi allontanai, anch'io con un cenno di conferma, forse sapeva che non ce l'avrebbe fatta a tornare al paese senza il nostro aiuto, pensai.
Sbrigato l'affare per il quale avevo fatto il viaggio in città, alle quindici in punto mi trovavo nel luogo di partenza per il ritorno.


La strada del ritorno prevedeva un lungo tratto di lievissima salita che quel cavallo vagabondo affrontò senza lamentele; pertanto lo sbarco delle classi inferiori dal carro fu necessario un solo paio di volte.

E questa fu la ragione per cui il viaggio di ritorno giungendo a destinazione in perfetto orario alle diciotto e quindici, durava solo tre ore e un quarto contro le quattro ore dell'andata.